mercoledì 29 aprile 2009

INFINITO VS? FINITO

Io Libeskind non lo conoscevo. Non lo conosco. Nell'obbligo di cercare un progetto guida per la prima "consegna" del laboratorio, ho cercato tra le immagini della mia terribile ignoranza e quelle della rete, appiattite sulla sperficie di un monitor, più superficiale di una semplice bidimensionalità di carta. E' stato istinto.
Poi penso e rifletto, giro e ripenso e mi aggroviglio in un complicato giro di idee e concetti e volontà deviate. Torno al punto di partenza (sono "affetta" da maratonda?).
Avevo già scritto in una e-mail al prof. Saggio le mie perplessità sull'estromissione del concetto di infinito, liquidato con la semplice convergenza di due linee parallele. Lo sforzo mentale per comprendere tale concetto nega il concetto stesso, perchè costringe la mente ad uno sforzo IRRAZIONALE che tutto è tranne che un concetto finito. Il finito è pura razionalità, l'irrazionalità è puro infinito. Eppure coesistono e la loro copresenza giustifica l'una all'altra. Non conosceremmo la razionalità senza irrazionalità e viceversa. Ecco: si aggroviglia di nuovo tutto...
Poi mi chiedo che fine ha fatto l'uomo, stesso interrogativo espresso nella e-mail sopra citata. Se l'uomo fa parte di un ciclo naturale chiuso, con lo stesso valore di una pianta o di un corso d'acqua o di un insetto, fa pace con la terra ma perde il senso dell'universo e della propria singolarità...
E se allargassimo la ciclicità all'universo intero, ai pianeti (abitati?), alle stelle e chissà quant'altro ancora? L'uomo che fine fa... si annulla nella sfera di raggio in espansione di questo universo, ma si ritrova nella propria capacità di pensarsi dall'esterno, di acquisire valore proprio perchè capace di concepire INFINITI.
Torna la linea di Libeskind. Solo questo per ora ho compreso di lui. Tratto limitato e spezzato, ma segmento di un cerchio di raggio infinito...

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